virus calcio femminile

Il virus ha ucciso il calcio femminile

Il mondo del pallone “in rosa” si ferma, saluta tutti e dà appuntamento a settembre. Forse. Nell’emergenza Coronavirus che ha paralizzato il mondo in questi mesi, lo sport è stato più volte al centro di discussioni riguardo all’importanza di puntare su uno strumento in grado di offrire alla gente uno svago dall’isolamento forzato. Si parla di sport, ma non in generale. C’è da fare una dovuta distinzione perché le discussioni hanno riguardato sempre e comunque solo quello maschile. Poi, a margine, come un articolo sull’ippica o sul softball, in fondo all’ultima pagina con un paio di righe nascoste in mezzo alle pubblicità o ai necrologi, ecco spuntare le parole sullo sport femminile. Talmente nascosto che i bugiardini dei farmaci gli fanno un baffo.  Soprattutto nel calcio, dove il mondo femminile – tanto spinto e celebrato anche da noi, dopo l’exploit del mondiale francese targato 2019 – è rimasto sempre in secondo, se non in terzo o quarto piano a livello di attenzione mediatica. E pensare che questo sarebbe dovuto essere stato l’anno della sua consacrazione alle nostre latitudini con le tre grandi del nostro calcio (Milan, Juventus e Inter) finalmente tutte in Serie A e con le partite trasmesse su Sky. Ad un certo punto, quando la schizofrenia mista a un sentimento di delirio puro hanno avuto il sopravvento, sembrava pure che il destino di San Siro potesse essere quello di diventare teatro delle performance casalinghe delle formazioni milanesi.

Dal tutto al niente, in meno di qualche mese. Il calcio femminile, per chiudere la stagione, aveva bisogno di giocare ancora sei turni di campionato, una sorta di minitorneo in campo neutro già organizzato e interamente finanziato dalla FIGC e che ora, detta con un’espressione manzoniana, non s’ha da fare; con il beneplacito delle calciatrici che di certo non sono salite sulle barricate per difendere il loro diritto di tornare in campo. Come ci chiedevamo qualche mese fa in questo articolo, siamo ancora fermi a “Sognando Beckham”? Pare proprio di sì. Perché, diciamolo chiaramente, con questo stop anticipato del campionato ci perdono tutti: le atlete, che non potranno disputare la stagione per intero, la Juventus, che quel campionato lo stava vincendo con merito, e le ragazze della nazionale italiana, erette da qualche trombone a simbolo della rinascita del movimento femminile italico e che ora assomigliano solo a delle vecchie figurine sbiadite. Ci perdono anche le tv che avevano investito, i giornalisti che raccontavano le imprese di queste atlete, i tifosi e tutti gli appassionati. Ci perdono tutti, ma soprattutto, a perderci è la credibilità di un movimento che da anni sopravvive più per la passione che per gli sponsor, che lotta da decenni per avere una considerazione maggiore, consapevole che sarebbe giusto avere diritto ad una visibilità e ad un giro d’affari vicini a quella dei colleghi multimilionari.

E proprio adesso che sembrava che tutto potesse andare per il verso giusto, ecco l’emergenza Coronavirus. Adesso bisogna rialzare la testa, ma non sarà facile. Le società che avevano deciso di investire nel movimento femminile inevitabilmente dovranno rivedere al ribasso i loro investimenti e alcune delle squadre probabilmente rischieranno di non tornare più in campo. Ma ci sono anche delle eccezioni. Rocco Commisso, presidente della Fiorentina, qualche giorno fa ha dichiarato di voler puntare alla Champions, arrivare al livello dell’Arsenal (squadra artefice dell’eliminazione delle viola dalla massima coppa europea ndr). Un caso che sia proprio Commisso ad andare controcorrente rispetto al resto delle società calcistiche? Assolutamente no. Lui, proveniente dagli Usa, ha un modo diverso di guardare questo sport. Lui non si ferma davanti al virus perché il calcio, anche quello femminile, è necessario che riparta. Ma a quanto pare, le ragazze del calcio – da noi, in Italia – ne hanno ancora di strada da fare per essere considerate delle vere sportive, per ingraziarsi parte dell’opinione pubblica sensibile ad alcune tematiche che vivono di brevi picchi di attenzione, seguiti da vertiginosi crolli nel dimenticatoio, un po’ come accaduto durante il Mondiale 2019. Ve li ricordate i gol della Bonansea? Come? Conoscete solo Boninsegna? Pazienza, siete perdonati.  Ma se fossimo tutti un po’ più onesti, a partire da chi prende le decisioni, ci metteremmo una mano sul cuore (e una anche al portafoglio) e cercheremmo di far chiudere degnamente la stagione femminile e non buttare un anno al vento. Per una questione di dignità, per fare in modo che il virus non uccida un mondo che non merita di fare questa fine, prima ancora di essere diventato veramente grande.

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