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Ibra nello spot di Regione Lombardia e la narrazione dell’eroe cattivo

A poche ore dalla pubblicazione dello spot di Regione Lombardia dedicato alla prevenzione del Covid, la platea mediatica si è già scorticata le mani e le mascelle per tessere le lodi della campagna di sensibilizzazione il cui protagonista e niente meno che Zlatan Ibrahimovic.

Prima di parlare dello spot bisogna ricordare che l’utilizzo di personaggi famosi per la sensibilizzazione su temi sociali è un’abitudine consolidata da parte di chi gestisce il potere di ogni colore politico, ad ogni latitudine del mondo.  I casi celebri di sportivi e attori che si sono prestati alla sensibilizzazione di importanti cause sanitarie – anche belliche a volte – sono innumerevoli ed è inutile citarli tutti. Di passaggio, ricordiamo solo il caso celebre in questi giorni è ritornato in auge di Elvis Presley che si vaccinò contro la poliomielite in diretta negli studi della CBS nel 1956. Quella immagine così forte portò ad un balzo delle vaccinazioni vertiginoso e alla quasi totale debellazione della malattia in dieci anni.

Venendo ai nostri giorni e rimanendo in Italia, tutti conoscono la telefonata di Giuseppe Conte a Fedez e Chiara Ferragni per cercare di sensibilizzare sull’uso di mascherina e la prevenzione dal Covid-19; le polemiche stanno a zero anche perché, al di là delle simpatie personali, è un dato di fatto che i due negli ultimi anni non sbagliano un messaggio, non un colpo. Detto ciò la mossa di  Conte é semplicemente attuale e corretta. Non c’è discussione, andiamo avanti.

Lo spot che vede protagonista Zlatan Ibrahimovic fa un passo in più: parte da un presupposto diverso e usa una comunicazione differente. Non vogliamo fare qui un’agiografia di Ibrahimovic (leggete il bell’articolo del nostro Fabio Donolato se volete approfondire il personaggio), ma vogliamo capire perché lo spot di Regione Lombardia è davvero una delle cose migliori viste negli ultimi anni. A voler fare una battuta verrebbe anche da dire che lo spot di Ibra è  la cosa migliore che hanno fatto in Regione Lombardia da qualche mese a questa parte, ma qui non facciamo analisi di gestione della crisi sanitaria. Qui ci interessa il racconto.

zlatan ibrahimovic

Partiamo dal protagonista. Ibra non è un buono, non è un vincitore, non è un simpatico; Ibra è arrogante, strafottente, tendente a risolvere le questioni con le mani. Ibra non è simpatico. Ibra si impone, non si lascia rinchiudere in un cliché. Da qui il suo pessimo rapporto con alcuni allenatori e ambienti (vedi Inter) e l’amore incondizionato con altri (vedi Milan). Ibra è cattivo, trasgressivo, sbruffone, quindi, scegliere lui vuol dire scegliere uno con cui nessuno avrebbe molta voglia di discutere in una via buia e isolata. Infatti il claim scelto non è “si buono come me“, anzi.

Ibra è cattivo, trasgressivo, sbruffone, quindi, scegliere lui vuol dire scegliere uno con cui nessuno avrebbe molta voglia di discutere in una via buia e isolata. Infatti il claim scelto non è “si buono come me“, anzi.

Ibra, dopo essere entrato nella terrazza del trentunesimo piano del Consiglio Regionale Lombardo, si guarda intorno come lo zingaro chiamato a fare il lavoro sporco per il Re; Per musica, atteggiamento, montaggio e storia, in molti avranno pensato alla discesa in campo dei Peaky Blinders, gli zingari buoni che hanno fatto il lavoro sporco durante la seconda guerra mondiale per il governo inglese. Potremmo fare anche altri esempi cinematografici, Quella sporca dozzina su tutti.

Sguardo beffardo, fisico possente, abbigliamento da spesa della domenica. Dopo essersi guardato intorno inizia a parlare. In teatro la camminata sul palco si chiama definizione del palco: la Regione Lombardia è il suo territorio. La prima frase che Ibra pronuncia è un trattato di psicologia riassunto.

Il virus mi ha sfidato e io ho vinto. Ma tu non sei Zlatan, non sfidare il virus“. Facendo una piccola analisi semiologica si potrebbe anche tradurre con la massima pronunciata da Alberto Sordi nel Conte del Grillo: “Io sò io e voi non siete un cazzo“. 

Ibra chiarisce che fra lui e  la media degli essere umani c’è una differenza, non discutibile. Questa affermazione fa parte della narrazione che Zlatan ha sempre: si racconta come un profeta, come un santone, come un maestro Zen che ha scoperto il segreto della giovinezza, anzi, meglio dire il segreto della vita; si è fatto ritrarre da monaco giapponese, da karatè. Insomma, a Ibra piace vendere il suo segreto di vita come un moderno Casanova con la pietra filosofale (fa benissimo visti i risultati).

Lo spot continua con l’elencazione delle regole di prevenzione: distanziamento sociale e mascherina. A voler fare le pulci mancherebbe la regola più importante: lavare le mani spesso con saponi battericidi, ma, insomma, si capisce il senso. La frase finale è la più importante: “Vinciamo noi“. Qui siamo nel campo della propaganda sociale: un classico messaggio positivo da far inoculare sotto pelle. Però, il messaggio è forte perché Ibra da quando è tornato a Milano ha trasformato la squadra rossonera in una fucina di sperimentazione molto interessante, tanto che più commentatori sportivi  oggi definiscono il Milan una delle squadre più in forma d’Europa.

Il messaggio è forte perché Ibra da quando è tornato a Milano ha trasformato la squadra rossonera in una fucina di sperimentazione molto interessante

Proprio il giorno prima che Regione Lombardia pubblicasse lo spot, Cristiano Ronaldo era, purtroppo, scivolato su una buccia di banana, scrivendo un infelice post contro la veridicità dei tamponi. Immediatamente cancellato, il commento di Ronaldo era stato subito motivo di paura per un possibile incitamento al negazionismo. In realtà, il buon Ronaldo si era semplicemente sfogato come qualunque ristoratore che si vede chiudere il locale (anche se lui soldi non ne ha persi ovvio); non era percepibile nessun riferimento negazionista. 

ronaldo covid
L’uscita infelice di Ronaldo

Però, è interessante notare come i due personaggi abbiano lanciato due messaggi decisamente contrastanti.  Se il cattivo Zlatan si è messo sopra la mediocrità, rafforzando il messaggio di prevenzione, Ronaldo si è abbassato alla mediocrità del messaggio populista che vede – a volte anche giustamente dal loro punto di vista– nelle restrizioni sociali una condanna al proprio successo professionale.

Se il cattivo Zlatan si è messo sopra la mediocrità, rafforzando il messaggio di prevenzione, Ronaldo si è abbassato alla mediocrità del messaggio populista che vede nelle restrizioni sociali una condanna al proprio successo professionale.

Citando Ute Ehrhardt (“Le brave ragazze vanno in paradiso, le cattive dappertutto“), potremmo sicuramente dire che il cattivo Ibra è stato capace di farci amare il proprio carisma, la propria forza, la propria storia, al di là dei percorsi facili e delle vittorie in serie, diventando l’amico cattivo capace di toglierti i problemi di mezzo.

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