Aliaksandra Herasimenia

Il caso Bielorussia e l’etica degli eventi sportivi

Dalle elezioni del 9 Agosto 2020 la Bielorussia non ha conosciuto un giorno di serenità politica e sociale; sotto traccia le proteste per un governo illegittimo e ormai fermo nelle mani del solo Aljaksandr Lukašėnka dal 1994, che non si sono mai sopite. Anzi le accuse di brogli prima e di persecuzione delle opposizioni dopo sono cresciute fino a coinvolgere moltissimi soggetti internazionali. In prima linea nella rivendicazione dei diritti civili e della possibilità di opposizione al potere di Lukašėnka, c’è la comunità sportiva bielorussa, guidata da Aliaksandra Herasimenia, nuotatrice con diversi ori olimpici e fondatrice della Belarusian Sport Solidarity Foundation.

La Belarusian Sport Solidarity Foundation è un’organizzazione fondata nell’agosto 2020  in corrispondenza delle elezioni contestate, che videro il plebiscito di Lukašėnka, con due scopi ben precisi: dare voce al dissenso montante in Bielorussia e proteggere gli sportivi vittima dell’ostracismo verso chiunque provi ad esprime un’opinione difforme da quella governativa.  Sui sito della fondazione vengono chiariti tutti gli aspetti della questione, spiegando perché sia nata la necessità di questa presa di posizione molto forte, ma anche entrando nel merito dei singoli episodi. Compaiono le foto e le accuse rivolte a più di 100 sportivi, incriminati a vari titolo di essere pericolosi cospiratori con pene che vanno dalla perdita del posto di lavoro alla reclusione in carcere.

Clamoroso il caso, per esempio, della famosissima cestista Yelena Leuchanka, più volte riconosciuta come la miglior giocatrice al mondo di basket femminile, arrestata per quindici giorni per aver partecipato ad una marcia di protesta contro Lukašėnka (sul sito si specifica pacifica). Ma i casi sono tanti ripetiamo, dal semplice licenziamento alla sospensione, fino appunto al carcere. Diversa la posizione della fondatrice dell’associazione Aliaksandra Herasimenia sfuggita ad una possibile ritorsione grazie all’esilio autoimpostosi, dopo che la nuotatrice aveva ricoperto dall’agosto scorso il ruolo di vera e propria ambasciatrice ombra della Bielorussia nel mondo. L’attenzione sulla grave mancanza di libertà d’espressione è stata sollevata dalla Herasimenia sia coinvolgendo colleghi sportivi di tutto il mondo sia mettendo a disposizione fondi economici derivanti dalla vendita all’asta dei alcune medaglie vinte durante la sua luminosa carriera in vasca olimpionica. 

Dopo il gesto della Herasimenia, altre sportive hanno seguito il suo esempio tra cui la già citata Yelena Leuchanka che ha messo all’asta alcuni suoi premi rivendicato l’esperienza del carcere come un momento fondamentale di lotta per la libertà nella sua terra. Ma se la lotta per la libertà di dissenso in Bielorussia sembra essere ormai ampiamente condivisa dalla comunità sportiva e politica di mezzo mondo (il governo americano, tra gli altri, ha espresso da molti anni perplessità fortissime su Lukašėnka), rimangono delle ombre sull’organizzazione di eventi sportivi nell’ex repubblica URSS.

La Herasimenia ha denunciato già da qualche settimana il caso dei mondiali di ciclismo che dovrebbero tenersi, e sembra proprio si terranno a questo punto, a Minsk in giugno. La denuncia non è passata inosservata e ha provocato più di qualche mal di pancia, ma la risposta fornita dal presidente (italiano) dell’ Associazione Europea Ciclismo, Enrico Della Casa, lascia spazi a pochi dubbi: i soldi che arrivano dalla Bielorussia per organizzare il mondiale no ce li darebbe nessuno, quindi si fanno li. Tutto questo nonostante formalmente la Bielorussia sia sospesa dal CIO e sia stata genericamente redarguita sul modo di discriminare i propri atleti. 

Tutto questo nonostante formalmente la Bielorussia sia sospesa dal CIO e sia stata genericamente redarguita sul modo di discriminare i propri atleti. 

Pura iprocrisia“, questo il commento che la Herasimenia ha affidato ai giornali internazionali, ma ahimè appare in tutta la sua evidenza che qui il problema sia più grosso e che si sposti da sport a sport e da longitudine a longitudine. Chi gestisce le economie sportive oggi? Come si mantengono i grandi eventi? Siamo sicuri che si possa davvero scegliere eticamente da chi farsi sponsorizzare?

I fatti raccontano un mondo diverso, lo sa la Herasimenia e ce ne siamo accorti tutti anche con la recente faccenda della Super Lega. Uno sport che non sa, e non può, dire di no ai soldi di Paesi colpevoli di violare diritti umani, perpetrare violenze, fomentare discriminazione, non è uno sport libero, non è uno sport sano.  Lo fa notare bene la Herasimenia quando dice che uno sport in cui non sono i migliori a gareggiare, ma quelli che non dissentono non è più uno sport, ma una mistificazione, una falsificazione. 

Quello che sta accadendo in Bielorussia nei prossimi mesi potrà essere una luce per tutti gli appassionati di sport nel giudicare anche il proprio ruolo di osservatori sportivi o meglio, di consumatori di eventi. Scegliere di non seguire un evento quando è compromesso dalla violazione di diritti umani o dalla repressione di un’opposizione, come nel caso bielorusso, è un gesto politico, va compreso.

Se nello sport non viene applicato un atteggiamento etico anche nella scelta di partner commerciali, sponsorizzazioni, valorizzazione dei territori in cui gli eventi prendono vita, perderanno di senso tutte le battaglie scritte sulle fasce e sulle magliette dei nostri sportivi.  E ancora, come bene fa notare la Herasimenia, ci ritroveremmo a guardare uno spettacolo viziato dalle grinfie del potere, ovvero uno spettacolo impoverito. 

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