Alejandro Finisterre

L’incredibile vita di Alejandro Finisterre

Ci sono personaggi la cui fama viaggia oltre il loro tempo. Uomini la cui storia in fondo non è più loro, ma è di tutti che generazione dopo generazione la tramandano ogni volta con nuovi ed eccitanti dettagli. La vita di Alexandre Campos Ramírez, noto ai più come Alejandro Finisterre, si è tramandata solo per racconti orali ed è per questo che merita di essere scritta. Tutto ebbe inizio durante la Guerra civile spagnola, quando il sogno di un governo popolare venne subito infranto dalle pallottole e dalle bombe della destra reazionaria, una guerra in cui si scontrarono “rivoluzione sociale e reazione conservatrice” (Giardina, Sabbatucci, Vidotto, Storia 1900-1990, Laterza).

Alexandre Campos Ramírez
Alejandro Finisterre

All’epoca la Spagna era un Paese prettamente agricolo con pochissime aree industrializzate. Lo status quo era mantenuto da un ceto reazionario dominante, costituito prevalentemente dall’aristocrazia terriera, a cui si contrapponeva la massa di braccianti agricoli, minatori e operai, terreno fertile per le teorie socialiste; mentre nei ceti medi urbani si faceva sempre più insistente un pensiero repubblicano e anticlericale. Le elezioni del 1936 videro la vittoria del Fronte Popolare, la coalizione di comunisti, repubblicani e socialisti. Sembrò l’inizio del sogno, ma la reazione della destra non si fece attendere. Nel luglio del ’36 dal Marocco spagnolo prese vita il levantamiento (la rivolta) dei militari, guidati da Francisco Franco. L’esercito, supportato dalla Falange, dai carlisti e soprattutto dalle milizie italiane e dalla Luftwaffe, invase la Spagna. Il Fronte Popolare, forte di una grande mobilitazione popolare e dell’appoggio di una parte delle forze armate, all’inizio resistette.  Poi, però, con le potenze democratiche estere (Francia e Inghilterra) a guardare, con il solo aiuto dell’URSS e, soprattutto, lacerato da faide interne, perse pian piano terreno fino alla capitolazione definitiva nel marzo del 1939.

Nel novembre del 1936 Alexandre rimase ferito durante i bombardamenti di Madrid e portato con urgenza all’ospedale di Valencia, ma vista la gravità delle ferite venne subito trasferito a Montserrat. Qui entrò in contatto con la tragedia dei tanti ragazzi mutilati. Ragazzi la cui vita era segnata per sempre. All’epoca della guerra il calcio era già uno sport di massa che faceva proseliti in Europa come al di là dell’oceano, e la Spagna non faceva eccezione. Ricardo Zamora era l’idolo indiscusso di tutti gli appassionati, e tra le strade non di rado si vedevano ragazzini giocare con palle di pezza, cercando di imitare lui e chissà quale altro calciatore. Il periodo in ospedale nella sua drammaticità ed esasperazione fu formativo per Finisterre. Aveva una mente vivace e negli interminabili giorni di convalescenza cercò un modo per alleviare gli animi tristi e rassegnati di quei bambini.

Ricardo Zamora
Ricardo Zamora sulla copertina de El Grafico – 19 giugno 1926

Galeotto fu il tennis da tavolo che ispirò la creazione del futbolìn. Compensato, legno e due sbarre di metallo erano tutto ciò che serviva per regalare un momento di sollievo e gioia a quei bambini sfortunati; il tutto con l’aiuto del carpentiere basco Francisco Javier Altuna. Non possiamo descrivere le espressioni di stupore misto ad eccitazione di quei ragazzi, ma possiamo facilmente intuirle giacché sono le stesse che viviamo noi ogni qualvolta troviamo il biliardino e dei compagni con cui giocare. E di certo possiamo comprendere la soddisfazione di Finisterre e del suo Sancho Panza. Una soddisfazione che non ebbe piena goduria, perché i franchisti avanzavano e le bombe cadevano come pioggia, prima su Madrid e poi sulla Catalogna. Alejandro ritornò a Barcellona e trovò il tempo di registrare e brevettare la sua invenzione. A dimostrazione della sua verve creativa, depositò il brevetto anche di un’altra invenzione: il voltapagina a pedali per pianoforte.

La prima difficoltà, però, fu quella della produzione in serie che con la guerra in corso, le risorse di prima necessità razionate, e i morti e feriti da ogni parte non era una cosa da poco. Ma la più grande avversità fu quella della fuga. Ormai anche Barcellona era pronta alla conquista dei rivoluzionari e a Finisterre non rimase che scappare. Sui Pirenei, mentre tentava di arrivare in Francia, il disastro. Una versione vuole che durante una tempesta i documenti del brevetto del futbolìn divennero poltiglia, un’altra semplicemente che li perse. Fatto sta che Fenisterre si ritrovò rifugiato in Francia senza niente. E qui la storia si arricchisce di altri dettagli delle fonti orali. Alcune dicono che tirò avanti grazie al brevetto del voltapagina a pedali, altre che, etichettato come anarchico, venne imprigionato e trasferito in Marocco. Gli anni passarono e di Finisterre non si seppe più nulla fino al 1952 quando, strano a dirsi, lo ritroviamo in Guatemala. Non si sa come, non si sa perché. Per sbarcare il lunario fece un po’ di tutto perfino il ballerino di tip-tap, ma non smise di perfezionare la sua invenzione che cominciò a produrre in maniera più industriale, se così si può dire considerando il contesto.

Alejandro Finisterre

Ma erano gli anni dell’Operazione Condor, dell’interventismo statunitense per rovesciare i governi d’influenza socialista e comunista, e così in Guatemala al socialista ​​Arbenz Guzmán succedette con un colpo di stato Carlos Castillo Armas. Finisterre identificato anche qui come anarchico venne rapito da agenti spagnoli e rimpatriato. E qui il culmine della storia. Si racconta che riuscì a dirottare l’aereo che lo stava riportando in Spagna, fingendo di avere una pistola, che in realtà era un modellino fatto con il sapone e coperto da carta stagnola. Altre fonti raccontano, invece, che finse di avere dell’esplosivo. Qualunque fosse stato il suo stratagemma funzionò e riuscì a riparare in Panama e poi da lì si rifugiò in Messico, dove si reinventò editore di esuli antifranchisti, e dove pare fu amante di Frida Kahlo. Da quel momento non si ebbero più notizie sulla sua vita, come se fosse sparito dai racconti. Non si conosce nemmeno la data della sua morte. Si pensa sia tornato verso la fine degli anni Settanta in Spagna, prima ad Aranda de Duero e poi a Zamora dove vi rimase fino alla fine dei suoi giorni. E il calciobalilla?

Nel corso degli anni furono depositati diversi brevetti in Inghilterra, in Germania e in Francia grazie ad un operaio della Citroen. Ma solo a Valencia capirono fin da subito il potenziale di quel gioco al punto da partire con una produzione industriale. Peccato che a Finisterre non vennero riconosciuti i diritti. Si dice, però, che non se la prese poi tanto, ma che non giocò mai più al futbolìn. Fece solo un’eccezione, quando sfidò Che Guevara. Non si sa dove, non si sa quando, non si sa chi vinse. Ma è bello immaginarli presi in un momento di relax ad esultare per un gol fatto e imprecare per uno subito, magari bevendo una cerveza o fumando un cubano, senza pensare a morti, guerre e ingiustizie. Solo godendo di quel gioco perché di guerre e morti ne avevano visti abbastanza. 

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