mondiali esports italia

L’unica Italia che va al Mondiale

In un annus horribilis per le nazionali italiane di calcio – Italia maschile out dal Mondiale per la seconda volta di fila e nazionale femminile fuori ai gironi all’Europeo – c’è un Italia targata FIGC che al Mondiale ci va. La Nazionale esportiva si è qualificata alla FIFAe Nations Series 2022, il Mondiale 2vs2 di FIFA22 che si svolgerà a Copenaghen dal 27 al 30 luglio. Il torneo vede ai nastri di partenza 24 nazioni, divise in 4 gironi da 6 squadre ciascuno. Ogni squadra giocherà 10 partite. Passano alla fase a eliminazione diretta le prime 4 di ogni girone. I punti assegnati alla vittoria sono tre, uno al pareggio e zero alla sconfitta. Come nel calcio. La nostra nazionale si presenta ai nastri di partenza con tre dei player più forti del mondo: Danilo Pinto (DaniPitbull), Raffaele Cacciapuoti (Er_Caccia98) e Francesco Pio Tagliaferro (Obrun2002). Tutti e tre sono reduci dal Mondiale 1v1, in cui è spiccato la semifinale di Obrun2002.

Per avere un quadro generale di quella che è la situazione esportiva calcistica in Italia e per dare uno sguardo a quali siano le possibilità dell’Italia, che molti esperti danno tra le favorite alla vittoria finale, abbiamo intervistato alcuni di quelli che saranno protagonisti nella capitale danese.

Nello "Hollywood295" Nigro
Nello “Hollywood295” Nigro

Iniziamo con Nello “Hollywood295” Nigro, allenatore della eNazionale e membro del Team Exeed. Hollywood è un professionista poliedrico che lavora come coach e talent scout per Exeed – una delle org più importanti d’Italia – e fa streaming giornaliere su Twitch.

I: Da gennaio è stato designato come allenatore della eNazionale. Iniziamo l’intervista chiedendogli quali sono le sue sensazioni dopo questi mesi di lavoro.
H: Prima di tutto una grande soddisfazione, perché per chi fa il nostro lavoro quello del selezionatore è il ruolo massimo a cui si può aspirare. Rappresentare il proprio paese è un onore unico. Devo dire che mi sono trovato bene fin da subito.  Ero già nel giro della eNazionale, perché ho fatto la voce tecnica durante le partite negli anni precedenti. La Nazionale esportiva è proprio una famiglia. Si respira un clima dove tutti si mettono a disposizione con grande positività. Ovviamente all’inizio ho sentito un po’ di pressione. Qualsiasi cosa fai è sempre oggetto a critiche, siamo tutti allenatori noi italiani, no? Fortunatamente alla lunga possiamo dire che tutte le scelte fatte sono state giuste.  Ora bisogna dimostrare in questo ultimo step del mondiale, che tutto il nostro valore.

I: Come sei arrivato a scegliere questi tre giocatori?
H: Io sono diventato selezionatore a fine gennaio e due giorni sono stato catapultato nel play-in – una gara in presenza a cui hanno partecipato i migliori 16 player italiani di FIFA, che si sono qualificati online – così mi sono ritrovato a fare le convocazioni al buio. Da quel momento, ogni giorno, io e i 6 player selezionati abbiamo fatto dalle 2 alle 4 ore di allenamento. Mi sono segnato tutti i risultati e le coppie che funzionavano meglio. A fine giornata ascoltavo i feedback a livello per capire l’intesa tra i player. Sommando tutte queste cose insieme ho fatto le convocazioni. All’inizio mi hanno anche dato del rivoluzionario, ma i cambi che ho fatto si sono rivelati giusti. In Italia si tende spesso a non voler rischiare i cambi e subentrano stereotipi come “coppia vincente non si cambia”, ma è una grandissima stupidaggine, soprattutto nell’esport dove ci sono tanti tipi di avversari differenti. Il tuo compito, da selezionatore, è quello di schierare una coppia di giocatori adatta anche allo stile dell’avversario così da poterlo counterare. Naturalmente ho dovuto tenere di conto anche dello stato di forma del player, che può influire sulle sue prestazione e lì sta a me decidere come intervenire.

I: Il lavoro mentale per un allenatore di una nazionale di esport deve essere molto. Come hai aiutato i ragazzi?
H: Nella fase che porta alla competizione c’è una preparazione di tipo tecnico, poi durante la competizione il mio ruolo è quello di tranquillizzare i ragazzi, quando le cose iniziano ad andare male. Io devo fargli capire che se si prende un goal si può sempre recuperare. Il coach è una sorta di appiglio psicologico e allora bisogna avere costruito il feeling con i player, bisogna conoscere quelle che sono le loro personalità. A seconda di quella che è la loro personalità bisogna ad andare a interagire durante la competizione in modi diversi. Basta una parola fuori posto e rischi di buttare giù un ragazzo che sta in una fase di tilt o di sconforto per un episodio che può essere andato male. Funziona molto ricordargli che rappresentano un paese, da loro molta carica. Quando si parla di maglia azzurra, sale immediatamente l’adrenalina e questa cosa motiva un player, più di qualsiasi altra.

I: Entrare a Coverciano, sapendo di rappresentare l’Italia, deve essere stato molto intenso.
H: Una delle esperienze più belle che ho vissuto da quando sto in questo mondo. È qualcosa di indescrivibile, il massimo che si può raggiungere per chi fa il coach. Tu entri e dove ti giri c’è un pezzo di storia, c’è qualcosa che ti fa rivivere qualcosa di quei grandi campioni, della storia della Nazionale. In quelle foto appese lungo i corridoi c’è davvero chi è riuscito a indossare la maglia nazionale. Coverciano sicuramente ha fatto scattare qualcosa nella mente dei ragazzi che li ha poi portati a fare questa cavalcata fino alla qualifica del Mondiale.

I: La FIGC è stata ed è fondamentale per la crescita del movimento esportivo italiano.
H: Ha puntato con decisione su questo mondo da 2 anni. All’inizio è stato un po’ difficile far capire al pubblico che, quando si parlava delle live della nazionale, era la Nazionale FIGC lato esports.  Sono stati impeccabili, lato organizzativo e comunicativo, perché sono riusciti a trasmettere tanta passione per l’esport all’intera community italiana. Chiunque può portare pubblico, ma se non c’è qualità nel prodotto le persone se na vanno. Invece moltissimi si sono affezionati al team come se fosse la Nazionale di calcio. Poi certo c’è ancora molto ancora da fare, perché rispetto a cose che passano in TV siamo amplificati un millesimo, però per essere solo agli inizi il lavoro fatto dalla FIGC e da tutto il movimento della community italiana è stato eccezionale, che è andato di pari passo con quello fatto dalla eSerie A.

I: Sono tanti anni che si sente parlare della scena esportiva italiana e questo movimento sembra sempre sul punto di esplodere nel mainstream, ma ancora è circoscritta a certi ambiti. Secondo te a che che punto siamo arrivati?
H: Se parliamo di qualità e competitività dei nostri player, c’è stato un boom incredibile. Basti pensare che fino a tre anni fa, solo portare un player italiano a un evento EA. era molto difficile e si contavano sulle dita di una mano quei player che ci arrivavano. Oggi abbiamo la nostra eNazionale che è arrivata prima nel Consistency ranking europeo 2022, Obrun che si è issato fino alla semifinale del Campionato del Mondo e gli altri due ragazzi qualificati. Quest’anno c’è stato un cambio di passo.

I: I risultati sono evidentemente di altissimo livello, ma cosa c’è da fare per allargare il pubblico?
H: Per fare un grosso passo in avanti bisognerebbe spingere a livello televisivo. Per esempio le squadre di Serie A coinvolgere di più i propri pro player in attività parallele con le squadre di calcio, come fanno il Dortmund e il Chelsea, perché in Inghilterra e in Germania, ma pure in Francia, gli atleti esportivi sono visti come degli atleti veri e propri che fanno proprio parte del team. Ovviamente non bisogna generalizzare, perché le squadre di Serie A partecipano e danno supporto ai ragazzi che le rappresentano. Però potrebbero organizzare magari anche un match d’esibizione  esports prima di una partita o durante l’intervallo. Hanno una potenza mediatica tale che potrebbero far conoscere questo mondo a tante persone in più, perché non è questione di piacere o non piacere e finché non si riesce a raggiungere un numero maggiore di persone tramite lo TV o eventi organizzati dalle squadre di calcio rimarremo sempre un qualcosa di nicchia.

I: Molto chiaro. Una volta passato il Mondiale, continuerai a fare l’allenatore?
H: Sono 4 anni che faccio l’allenatore perché il competitive a 35 anni non è fattibile – sorride – e non ci tengo minimamente, perché richiede tantissimo allenamento e uno stress che arrivati a una certa età non vuoi più avere. Perciò continuerò lato coaching e scouting dentro Exeed. Per quanto riguarda la eNazionale, fino a che la FIGC riterrà giusto riconfermarmi io rimarrò con grande onore

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Passiamo ora la parola a Obrun2022, campione della eSerie A 2022 e parte del team di Exeed.

I: Come ti sei avvicinato all’esport?
O: Sin da piccolino ho sempre giocato a FIFA e PES, una passione che ho preso da mio fratello.  Giocavo con lui  dopo la scuola e dopo lo studio. Poi ho cominciato a farlo da solo e a sedici anni sono entrato nell’online. Mi sono accorto che me la giocavo con parecchie persone e così, allenamento dopo allenamento, a diciassette anni ho fatto il mio primo torneo importante e sono arrivato tra i top 32 in Europa. Un risultato incredibile perché in FIFA, ogni anno, i pro player devono fare un investimento per garantirsi i migliori calciatori e competere, mentre io ovviamente non ci avevo speso nemmeno 1 euro. È stato un achievement molto importante che mi ha permesso di farmi notare da Exeed.  Così è iniziata la mia carriera.

I: Il vostro lavoro è ancora avvolto nel mistero in Italia. Essere un pro player qua da noi che cosa vuol dire?
O: L’Italia non è il luogo migliore per gli eSports, nel senso che questo non è ancora ben radicato nella cultura sportiva e non è tra i paesi che investono di più in questo settore. Noi stiamo facendo di tutto per dare una mano alla crescita del movimento italiano. Sia noi pro player che i content creator su Twitch di proviamo, però è chiaro che servono molti investimenti e nuove idee.

I: Un altro tema che spesso ritorna negli stereotipi su di voi è quello che riguarda l’allenamento. Un semifinalista del Mondiale esportivo 1v1 quanto e come si allena per raggiungere certi risultati?
O: All’inizio dell’anno quando esce il gioco, la prima cosa da fare è capire il gioco e di conseguenza mi alleno anche 6/7 ore al giorno per capire le meccaniche. Per me l’allenamento è fatto tanto anche di watching. Soprattutto all’inizio dell’anno bisogna guardare chi ha appreso più di te. Mi guardo i francesi che hanno la capacità di imparare in fretta e hanno le capacità di apprendere subito il gioco. Una volta che si sono imparate le meccaniche puoi anche riposarti qualche giorno. Io prima di una competizione gioco poco perché voglio risparmiare la creatività per il torneo, invece dopo il torneo se ho qualche giorno di pausa preferisco staccare proprio per diciamo allontanarmi, perché stare sempre ogni giorno può fare l’effetto contrario

I: Com’è indossare la maglia azzurra ed entrare a Coverciano?
O: Entrare a Coverciano e indossare la maglia azzurra è stata una delle esperienze più belle della mia vita. C’è da dire che l’evento che abbiamo fatto lì per le selezioni nazionali è stato qualcosa di assurdo. È stato uno dei miei primi eventi dal vivo, anche perché è un po’ il sogno di tutti di indossare la maglia azzurra. Esserci riuscito è stato qualcosa di pazzesco. Inizi a giocare nella stanzetta per arrivare un giorno a giocare su grandi palcoscenici come su quello di Coverciano.

I: Veniamo al presente, come arrivi a questo Mondiale e come ci arriva la squadra?
O: Siamo consapevoli di essere tra i più forti. A livello di Nazionale siamo gli unici ad avere nel roster tre giocatori che hanno fatto tutti e tre il Mondiale 1v1. Ovviamente nel 2v2 cambiano le meccaniche ma la qualità resta. Io sono fiducioso,  perché ci stiamo allenando bene in questi giorni. Sulla carta possiamo fare molto bene, poi dipende anche dalla fortuna, da quel giorno come stiamo, dalla mentalità, perché non sempre più vince il più forte. Tutti conoscono le meccaniche, perciò fa molto anche la fortuna e anche sapere sfruttare quei piccoli episodi che ci sono, una skill che spesso si acquisisce con l’esperienza.

I: Parliamo un attimo del Mondiale 1v1. La tua semifinale come l’hai vissuta: come una delusione enorme o come un primo passaggio importante per qualcosa di più grande?
O: In quel momento, mentre stavo giocando la semifinale, ero entusiasta. Stimo tantissimo Nicolas, il mio avversario, che è una leggenda di FIFA. Lui era al 5° Mondiale, mentre per me era soltanto il primo. Quando ero piccolo lo guardavo da casa mentre lui giocava questi eventi e nel 2022 ero lì vicino a giocarmi con lui una semifinale mondiale. Quindi già così sapevo di essere arrivato a un buonissimo risultato; poi, durante la partita, mi son girato verso i miei coach perché ho capito di essere più forte e probabilmente l’ha capito anche lui, tanto che ha impostato il resto del match cercando di non farmi giocare e di sfruttare ogni singolo episodio a suo favore. Lui è stato bravo a capire la partita e spingere su ciò in cui era più forte, risolvendola a tempo scaduto con un episodio favorevole. Ci vuole fortuna in questi giochi, ma anche consapevolezza e preparazione della partita, perché bisogna conoscere i propri limiti e vedere quando sfruttare quelle piccole aperture che l’avversario ti concede. Sono sincero se dico che ero molto molto deluso perché sentivo di potercela fare. A mente fredda posso dire che fare Top4 al mondo, era qualcosa che non mi sarei mai immaginato un anno fa e l’esperienza fatta mi servirà in questa nuova avventura con la Nazionale.

I: La qualità si vede e state raggiungendo livelli veramente notevoli. Vi faccio i miei complimenti. A questo punto però ti devo chiedere qual è la situazione degli eSports in Italia e che cosa faresti per migliorarla?
O: È un processo che avviene lentamente e non si può pretendere che da un anno all’altro si migliori dal nulla. C’è bisogno che più società di calcio investano in questo ambiente, perché sono le prime a a cui farebbe comodo farlo. Il nostro è un gioco di calcio ed è FIFA. Calcio giocato e calcio virtuale dovrebbero andare di pari passo. Molti giovani ci seguono, perché non si tratta di guardare partite da 90 minuti, ma match da 10/15 minuti l’uno. Il pubblico guarda il gameplay e impara. Certamente c’è bisogno di risultati. Sia noi pro player che i content creator dobbiamo cercare di far crescere questo mondo in ogni modo possibile, avvicinando la community a quello facciamo, unendola il più possibile nell’amore per questo gioco.

I: Hai già pensato a che cosa farai dopo il Mondiale?
O: Mi rilasserò. È stato un anno bellissimo. Il mio sogno e il mio divertimento sono di giocare tornei come questi. L’adrenalina che sale quando sai di giocare partite importanti è la sensazione più bella. Quindi sono contento di averne disputati così tanti e spero l’anno prossimo di continuare a farlo. Agosto me lo prendo di pausa, per tornare a settembre più carico di prima.

La disponibilità dimostrata dai due intervistati se paragonata con il calcio giocato non ha paragoni. Il mondo esportivo ha davvero grandi perle da scoprire e speriamo che questa partecipazione al Mondiale possa fare da volano per espandersi ulteriormente. Con voi lettori ci vediamo per la seconda parte, in cui tireremo le somme della situazione esportiva italiana con i due telecronisti o caster, come si dice nell’era digitale, di questa eNazionale.

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