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Tutti sono in vendita ai mondiali del Qatar

Il 20 novembre, data ufficiale di inaugurazione dei mondiali in Qatar, si avvicina e si moltiplicano i rumors legati alla manifestazione. Dopo la grossa polemica esplosa in merito alle numerose morti di operai impegnati nella costruzione delle infrastrutture necessarie ad ospitare la Coppa del Mondo, una nuova questione, per altro in parte legata alla precedente, sembra aver preso piede. Recentemente, infatti, è stata rilasciata la notizia secondo la quale 40 tifosi inglesi e 40 gallesi sarebbero stati pagati per prendere parte ai mondiali. Fin qui nulla di strano. Tuttavia, a far discutere sarebbero le condizioni che i tifosi britannici hanno dovuto accettare per prendere parte all’iniziativa. In cambio di viaggio, vitto, alloggio e biglietti gratuiti questi hanno dovuto garantire una presenza minima di 14 giorni e, soprattutto, di prendere parte ad attività che li rendono a tutti gli effetti dei veri e propri testimonial dell’evento del Qatar, seguendo un vero e proprio codice di condotta.

Per prima cosa, dovranno tutti prendere parte alla cerimonia di inaugurazione del 20 novembre, nel corso della quale hanno accettato di comparire davanti alle telecamere di alcune trasmissioni TV. Dovranno poi postare, sui propri social media, contenuti che documentino il mondiale in corso come dei veri e propri influencer oltre che repostare i contenuti di altre pagine che, a loro avviso, sono particolarmente rilevanti per la manifestazione. La polemica sorge dalla visione dell’iniziativa che emerge leggendo tra le righe del contratto. Dopo l’enorme polemica a sfondo umanitario scoppiata durante l’allestimento dei mondiali del Qatar, l’intera manifestazione, oltre che le autorità sportive e politiche coinvolte, hanno subito una pesante scossa che ha reso necessaria una strategia di contrattacco. Quale migliore soluzione se non quella di mostrare sui social una manifestazione sportiva all’insegna dell’allegria e della serenità? Infatti, pare che questo fosse il mood indicato nel contratto per la realizzazione dei contenuti social. Un’iniziativa, tra l’altro, che pare essere stata supportata da più parti. Ad oggi, ci si aspetta che tutti i fan selezionati dai 32 Paesi coinvolti accettino l’offerta, rendendo il mondiale del Qatar due volte più costoso di Russia 2018.

Dovrai alzarti in piedi, cantare e sventolare le tue bandiere. Sii pronto con la tua maglietta, bandiere e sciarpe a tifare e gridare.

dal manuale di condotta che hanno firmato i “tifosi”

Anche il presidente della FIFA, Gianni Infantino, in una lettera scritta insieme alla segretario generale, Fatma Samoura, si è espresso sulla questione, invitando i tifosi a mettere da parte le preoccupazioni che hanno accompagnato la preparazione dei mondiali per lasciare la scena al calcio. Affermazione che sminuisce, con grande superficialità, la questione umanitaria del Qatar. Secondo Infantino, i numerosi problemi della politica internazionale non possono essere risolti dal calcio. Ma davvero è così? Per molti, assolutamente no.

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Ecco i nostri lavoratori migranti della felicità, qui per decorare lo spettacolo imperiale con la loro gioia.

Barney Ronai

Lanciare un messaggio umanitario forte è importante, soprattutto nel corso di manifestazioni di impatto planetario come i mondiali di calcio. Una società potente e nota come la FIFA, avrebbe il potere mediatico necessario per lanciare un piccolo sassolino verso il cambiamento, accendendo un faro su questioni di importanza assoluta, come i diritti umani. Ma ancora una volta le macchine del mercato sembrano prevalere e i social media, che nel corso di una manifestazione di tale portata potrebbero fare da cassa di risonanza per un messaggio importante, vengono nuovamente sfruttati per ammantare di una patina edulcorante un mondiale che porterà per sempre il peso della morte di più di 6.000 uomini.

Il reclutamento di questi tifosi ci dimostra che alla fine qui tutti sono in vendita, che gli esseri umani e i loro sentimenti, una massa collettiva di 8 miliardi di persone, sono solo un’unità di commercio. Si chiama “lavaggio sportivo” quando esseri umani vengono letteralmente pagati per ballare e sorridere davanti alle telecamere in uno stadio infestato dai fantasmi di lavoratori migranti. Questo stesso processo si applica anche ai media a pagamento, dove per molti il dissenso ha una sanzione economica in termini di clic e abbonati. Ma è davvero questo lo sport che vogliamo?

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