Saudi Pro League

Saudi Pro League o del calcio del futuro – Parte II

I registi dell’operazione

Due sono i nomi che hanno tenuto le fila di questa strategia dello sport saudita, sotto la guida vigile di bin-Salman. Il primo è quello di Turki bin Abdul Mohsen bin Abdul Latif Al Al-Sheikh , già presidente della Federcalcio saudita e massimo responsabile governativo per l’enternainment. Al Sheikh è un uomo che si è costruito una rete di legami internazionali molto forti nel corso degli anni e, in particolare, ha un rapporto diretto con l’attuale Presidente della FIFA, Gianni Infantino, da lui sostenuto durante le ultime elezioni. Un legame speciale che ha permesso all’Arabia Saudita di poter ospitare la prima FIFA Club World Cup nel 2023, precedentemente prevista in Cina. Il secondo nome che dovete appuntarvi è quello di Yasser bin Hassan bin Mohammed al-Misehal, attuale Presidente della SAFF ed eletto nel FIFA Council nel febbraio 2023. Il cambio di passo del calcio saudita sul campo è in larga parte merito suo. Basti pensare alla vittoria della AFC u23 Cup in Uzbekistan nel giugno 2022. In quella competizione si segnalò al pubblico un talento vero come Ayman Yahya, cartellino di proprietà dell’Al-Nassr, la squadra di Cristiano Ronaldo e Marcelo Brozovic. Uno dei cambiamenti più interessanti apportati al calcio saudita da al-Misehal sono stati gli ingenti investimenti economici e umani, sia per lo sviluppo delle giocatrici di base che per la creazione, dal 2021, di una prima squadra nazionale femminile. L’anno successivo, il 2022, il regno ha anche introdotto un campionato femminile di calcio e un campionato scolastico femminile. I dati più recenti mostrano che ora ci sono 520 giocatrici registrate dalla SAFF in 25 club del campionato e quasi 50.000 ragazze si sono presentate nel campionato scolastico inaugurale e come, ulteriore dimostrazione politica, l’Arabia Saudita si è candidata a ospitare nel 2026 la AFC women’s Asia Cup. 

Saudi Pro League

Le questioni geopolitiche

Per disegnare al meglio il contesto storico e politico in cui si inseriscono gli ingenti investimenti dell’Arabia Saudita nello sport di cui avete letto finora, abbiamo parlato con Elia Morelli, ricercatore dell’Università di Pisa ed analista geo-politico, allievo della scuola di Limes e collaboratore di Domino.

In che momento storico si trova l’Arabia Saudita? 
Elia Morelli: “L’Arabia Saudita ha affrontato diversi momenti critici negli ultimi anni. Dalle questioni con il Qatar, all’isolamento internazionale per il delitto Kashoggi, agli attacchi dei ribelli yemeniti in collaborazione con gli iraniani delle postazioni petrolifere, la sconfitta delle milizie filo-saudite in Siria, l’ascesa degli UAE e del Qatar nello scacchiere del Golfo Persico. Oggi l’Arabia Saudita è tornata protagonista assoluta soprattutto sulla transizione ecologica e digitale e le Riforme cosmetiche sui diritti delle donne come il permesso di guidare. Quanto ci sia di opportunismo o di reale cambiamento? Chissà.

Da un punto di vista internazionale qual è la situazione?
Elia Morelli: “C’è un avvicinamento sensibile con la Francia. Macron e Bin-salman si sono incontrati a Parigi da poco, perché il principe ereditario si è mosso per ottenere il sostegno in vista della candidatura del proprio paese ad organizzare Expo 2030. Una presa di campo che la Francia ha accettato di fare, togliendo il proprio supporto all’Italia.

Perché la Francia si sta unendo così all’Arabia Saudita?
Elia Morelli: “Un modo per mettere un piede stabile in Medio Oriente. La Francia si è impegnata a offrire incentivi economici e, soprattutto, la propria esperienza in ambito culturale, turistico e sportivo.

Gli Stati Uniti d’America continuano a essere il principale partner saudita.
Elia Morelli: “Si, è così; gli USA rimangono uno dei principali partner dell’Arabia Saudita. Però quello che voglio sottolineare in questo momento è il recupero dei rapporti tra Arabia Saudita  e Iran, rivale storico per la supremazia nel medio-oriente. Una nuova prospettiva politica che è stata creata dalla Cina, attore al debutto sullo scenario d’area. Questo riavvicinamento è servito all’Arabia Saudita per diminuire la pressione iraniana nel Golfo Persico, per quanto riguarda il conflitto civile in Yemen e il sostegno velato alle sacche di ribelli presenti all’interno dei propri confini.

Si fa un gran parlare di Saudi Visione 2030, tu come lo interpreti? 
Elia Morelli: “Il progetto è interessante. Da un lato si percepisce l’obiettivo di diversificare l’economia saudita, come accennavo poco fa, perché è evidente che il paese si sia arricchito grazie ai carburi fossili, che però sono fonti non rinnovabili. Quindi spingere sulle rinnovabili, in un territorio così foraggiato dal sole, mi pare una scelta quasi doverosa. Dall’altro lato c’è un motivo di magnificare la propria immaginare. Puntare su un progetto che punta sulla transizione digitale e sulla transizione ecologica serve anche a questo. In ultimo si legge chiaramente questi bisogno di agire, potrà attirare non soltanto investimenti economici, ma anche teste e cervelli che porteranno un indubbio arricchimento scientifico e culturale nel Paese.

Moḥammad bin Salmān Āl Saʿūd
Il principe ereditario Moḥammad bin Salmān Āl Saʿūd

La sabbia non va nascosta sotto la magnificenza

Se gli statunitensi con il marketing, l’ingresso pesante delle cable tv, l’aumento vertiginoso degli stipendi degli sportivi, la brandizzazione di ogni particolare hanno modificato il nostro modo di vivere e di leggere lo sport a fine millennio, penso che ciò potrebbe succedere anche con quanto sta facendo l’Arabia Saudita. Una delle questioni in campo forti su cui le istituzioni calcistiche europee dovranno vigilare, riguarda la contraddizione enorme tra chi gestisce il PIF e chi governa il Paese ovvero la stessa persona, Moḥammad bin Salmān Āl Saʿūd. L’idea di gestione dello sport per come lo conosciamo è quella di tenere diviso chi ha i cordoni della borsa da chi deve decidere che cosa farci. A questo ovviamente vanno aggiunte le questioni, non certo secondarie, che riguardano i diritti civili del Paese. Le donne e la comunità lgbtqa+ sono sempre considerate come subalterne al genere maschile che governa il paese. La comunità internazionale dovrà essere in prima fila su questi temi, anche fuori dalla retorica tradizionale a cui spesso assistiamo. 

E noi? La laicità dello sguardo dovrebbe essere il modo con cui affrontiamo l’analisi di ciò che succede in Paesi lontani dai nostri schemi occidentali. Noi stessi siamo stati spesso i protagonisti della limitazione dei diritti di altri popoli. Un ruolo che continuiamo a mantenere anche nel presente, quasi con orgoglio. Prendiamo il caso della stessa Gran Bretagna. Nel territorio di Sua Maestà il Re Carlo ci sono 136.000 persone ridotte in schiavitù, di cui il 41% sarebbero bambini, come risulta da uno studio rilasciato dalla Walk Free Foundation. Guardare fino in fondo chi siamo ci può permettere di analizzare meglio chi abbiamo di fronte. Noi siamo così migliori e differenti da loro?

I paragoni che non reggono

Cina e USA, le due nazioni che si sono spesso sentite accostare all’Arabia Saudita nelle ultime settimane. Partiamo da un presupposto: nessuna di queste due nazioni aveva una storia calcistica alle spalle quando ha lanciato il proprio progetto di espansione. La Cina ha come unica similitudine in questo racconto con l’Arabia Saudita, la scelta del governo centrale di usare il calcio come strumento per allargare la propria immagine nel mondo. Scelta abbandonata dopo pochi anni da Xi Jinping che dichiarò davanti all’Assemblea nazionale che il calcio non era più una necessità per il paese. Per quanto riguarda gli USA, il progetto NASL è ascrivibile a campionato dimostrativo, una sorta di Harlem Globetrotter experience allargata a più squadre, ma che non avuto alcun lascito. La MLS è un campionato vero, strutturato e che ha la similitudine con la SPL di avere un potere centrale che regola gli accordi e i contratti con i calciatori. Sia in Arabia che negli States gli atleti firmano con la Lega e non direttamente con i club. Per il resto, vi invitiamo a leggere tutto l’articolo e decidere se siamo di fronte a dei ricconi annoiati oppure se sotto la sabbia del deserto, si nasconda qualcos’altro. 

About

Zeta è il nostro modo di stare al mondo. Un magazine di sport e cultura; storie e approfondimenti per scoprire cosa si cela dietro le quinte del nostro tempo,

Altre storie
fondali oceanici inquinamento
Rifiuti radioattivi, biberon e relitti: i fondali oceanici sono diventati la pattumiera del mondo e terra di conquista