Grecia, tifoso dell'Aek ucciso da ultras Dinamo Zagabria
Ansa

Grecia, gli ultras al potere tra violenze e rivendicazioni

Lo scorso 25 Agosto, il match dei playoff di Europa League tra l’Olympiakos Pireo e la compagine serba del Cukaricki è stato preceduto da duri scontri tra la tifoseria greca, capitanata dal Gate 7, uno dei gruppi più famosi della scena ellenica, e le forze dell’ordine. “Nulla di strano soprattutto a certe latitudini“, obietterà qualcuno; eppure questo episodio sottende qualcosa di nuovo e preoccupante. Quelli all’esterno dello stadio Geōrgios Karaiskakīs di Atene sono stati i primi scontri in ordine cronologico dopo la dichiarazione di guerra del premier Kyriàkos Mitstotàkis alle frange più estreme del tifo greco. Una misura inevitabile, secondo molti, dopo il disastro accaduto la notte tra il 7 e l’8 Agosto sempre nella capitale greca. Ma andiamo con ordine. 

Grecia, tifoso dell'Aek ucciso da ultras Dinamo Zagabria
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Il terzo turno preliminare di Champions League aveva realizzato un mosaico di sfide e rivalità incrociate difficile da ipotizzare: Hajduk Spalato – Paok Salonicco, Olympique Marsiglia – Panathinaikos e soprattutto Aek Atene – Dinamo Zagabria, con le due tifoserie ateniesi a doversi confrontare rispettivamente con i gemellati dei rivali. Ovviamente, la UEFA ha vietato le trasferte; nonostante ciò i Bad Blue Boys della Dinamo Zagabria, forti dell’apporto logistico e numerico fornito loro dai gemellati del Panathinaikos, hanno sfidato il divieto e si sono mossi ugualmente alla volta di Atene, andando a sfidare i gialloneri proprio alle porte del loro stadio nel quartiere di Nea Filadelfia.

Di quell’ora abbondante di guerriglia che ne è conseguita restano tutt’ora contorni da definire: dall’apporto/responsabilità degli hooligans del Panathinaikos che avrebbero svelato le migliori vie di fuga ai croati e indicato gli obiettivi sensibili (sembra – e in tutto questo contesto è sempre doveroso il beneficio del dubbio – che tra i feriti più gravi ci siano diversi membri dello stato maggiore del Gate 21 dell’AEK Atene e che una parte degli hooligans croati sia andata a  sfregiare la statua di acciaio dell’aquila posta all’ingresso dello stadio), al numero reale di feriti da parte croata – diverse fonti parlano di otto accoltellati – visto che i BBB affermano che il personale sanitario greco si sia rifiutato di medicarli, creando un incidente diplomatico tra il governo croato e quello ellenico. Quello che purtroppo è incontrovertibile è che Michailis Katsouris un giovane di 29 anni seguace dell’AEK ha perso la vita negli scontri. E il bilancio sarebbe potuto essere molto più pesante.

Non si tratta di un episodio isolato, giacché altre volte le tifoserie ultras dei Gate 21 e i BBB si erano scontrate. Ed è proprio alla luce di tutto ciò che chi scrive pensa che l’aspetto politico (smaccatamente filo-ustascia e ultra nazionalisti i croati, con addirittura un loro ex leader, Denis Seler, volontario nel Battaglione Azov, e antifascisti fino al midollo e anarcoidi quelli dell’AEK) pur non essendo affatto trascurabile, non sia stata la principale molla, quanto più il voler affermare la propria supremazia su uno degli avversari più rispettati nel panorama delle tifoserie del Vecchio Continente. Fatto sta che, inevitabilmente questa escalation non poteva lasciare indifferente le autorità greche, a partire dal Premier che ha dichiarato guerra a tutte le sigle più famigerate del movimento ellenico che nei suoi programmi dovrebbero essere rimpiazzati da un’unica associazione per squadra legata direttamente alla società di riferimento. In realtà, l’inizio della crociata di Mitsotàkis contro gli hooligans greci risale ad almeno diciotto mesi prima, in seguito all’assassinio del tifoso diciannovenne dell’Aris Salonicco, Alkis Kalpanos, da parte dei nemici cittadini del PAOK che destò molta commozione in tutto il Paese.

Kyriakos Mitsotakis
Kyriakos Mitsotakis

Ovviamente la lista degli episodi di violenza che hanno costellato lo sviluppo del calcio greco è vecchio praticamente quanto lo stesso calcio, e a volte è stato il sintomo di importanti cambiamenti avuti nel Paese culla della democrazia, nonché l’ultimo in Europa ad avere vissuto una dittatura militare e un vero e proprio tentativo insurrezionale, quest’ultima appena lo scorso decennio. 

Addirittura ci sono cronache che fanno risalire al 1930 i primi scontri tra i tifosi dell’Olympiakos e quelli del Panthinaikos, all’epoca espressione di due blocchi sociali ben contrapposti: i primi la classe operaia del Pireo, i secondi la nuova rampante borghesia ateniese. Durante l’occupazione nazista del Paese furono i tifosi dell’AEK insieme a quelli del Panathinaikos a trasformare una partita amichevole in una delle più grandi dimostrazione dell’insofferenza dei greci per l’occupazione nazi-fascista e della loro voglia di libertà, a dimostrazione di come a prescindere dai risultati ottenuti in campo, il calcio sia molto più di una semplice passione popolare e con esso si è sempre trascinato un tasso di violenza ed estremismo che in Grecia ha attecchito molto facilmente, con la nascita dei primi gruppi organizzati e la loro conseguente politicizzazione.

Una nascita che risale alla fine degli anni Settanta in un contesto che, almeno inizialmente, ricalca quello delle sides olandesi, vale a dire quello di comitive di ragazzi che all’inizio si riunivano spontaneamente attorno ai cancelli dei settori popolari, da cui poi mutuarono i nomi dei rispettivi gruppi e che, almeno in un primo momento, poterono contare sulla benevolenza della dittatura dei colonnelli che desideravano distogliere l’attenzione dei giovani da questioni di altro genere. Ben presto nelle principali tifoserie ateniesi ci furono dei tentativi di egemonizzazione da parte di gruppi nazisti, come i TOFA dell’AEK Atene datati 1979 o i Green Cockney del Panathinaikos del 1977, questi ultimi debellati alla metà degli anni Ottanta, grazie all’azione del presidente del club, Georgios Vardinogiannis. Dopo la fine della dittatura, i club vennero rilevati da importanti uomini d’affari del Paese che utilizzarono le squadre come trampolini per la loro affermazione sociale, e fidelizzarono le tifoserie, in alcuni casi al punto da creare delle milizie personali.

Georgios Vardinogiannis
Georgios Vardinogiannis

Nel frattempo si radicò la contrapposizione tra punk e bonehead nelle curve greche, con l’importante novità dell’ingresso negli stadi del MAT, il reparto antisommossa della polizia greca. Era definitivamente esploso il bubbone della violenza nel calcio greco che si snodava principalmente su due bisettrici: l’odio politico e quello tra le tifoserie di Atene e Salonicco, ormai nel pieno della fascinazione inglese che meglio si confaceva con lo spontaneismo tipico dei supporters greci. Era quella che la vecchia guardia degli hooligans greci definisce ancora la golden age. Senza voler dare il via a un interminabile elenco di episodi cruenti, con ogni probabilità il culmine si raggiunse nella primavera del 1988 quando i tifosi (e verrebbe da dire tutta la città) del Larissa bloccarono per cinque giorni l’autostrada tra Atene e Salonicco, la stazione ferroviaria e misero a soqquadro la città per protestare contri una penalizzazione che di fatto metteva seriamente a repentaglio la prima (e unica) vittoria del titolo; protesta che rientrò dopo che la penalizzazione venne annullata.

Tra l’altro è proprio del medesimo periodo la decisione cervellotica da parte della federcalcio greca di far giocare in campo neutro a Larissa i match tra le squadre delle due metropoli greche, non pensando che ciò avrebbe agevolato le varie tifoserie, poiché Larissa si trova grossomodo a metà strada. Nel frattempo, il movimento greco riuscì ad esprimere anche un gruppo al seguito della nazionale, la Galazia Stratia  (Armata blu) che sembrava trarre origine da una partita della nazionale ellenica del 1999 contro l’Albania in cui i tifosi albanesi bruciarono le bandiere greche, creando un’ondata di risentimento e sciovinismo nazionale che le formazioni politiche di estrema destra riuscirono a capitalizzare al meglio, complice anche la clamorosa vittoria della Nazionale agli Europei del 2004 in Portogallo, e che toccò l’apice nelle proteste contro l’ipotesi di organizzazione in coabitazione con la Turchia per Euro 2008.

Tuttavia si può affermare che il primo spartiacque moderno nella violenza calcistica greca fu l’omicidio di un venticinquenne tifoso del Panathinaikos, Michailis Filopoulos, in seguito a uno scontro organizzato con gli hooligans dell’Olympiakos in un sobborgo orientale nella periferia della Capitale. Fu chiaro che ormai la violenza aveva subito un salto di qualità: non era confinata né al giorno della partita né ai dintorni del teatro del match, si era giunti quasi a una sorta di guerra senza quartiere, in cui la tipica spontaneità delle curve greche cedeva il passo alla premeditazione. La risposta delle autorità fu dura, arrivando a vietare le trasferte, obbligare le società a controllare le proprie tifoserie, alzare il prezzo del biglietto e adottare iniziative simili alla nostra tessera del tifoso. Ma nonostante ciò, i gruppi d’azione di ogni curva riuscivano a trovare modo per dare sfoggia del proprio potenziale, anche perché contestualmente sulla Grecia si abbatteva la scure della Troika.

La crisi economica, preceduta dalla rivolta scaturita dalla morte del giovane Alexandris Grigoroupolos a Piazza Exarchia nel 2008, produsse un rafforzamento delle logiche degli ultras che si ritenevano appartenenti a una controcultura che avrebbe dovuto combattere il potere precostituito. La politicizzazione del tifo toccò livelli mai visti prima, tanto a destra quanto a sinistra, con picchi apicali durante la campagna per il referendum indetto da Tsipras nel 2015, con l’omicidio del rapper antifascista Killah-P a opera di due militanti di Alba Dorata. Più di una volta gruppi ultras si sono scagliati contro le sedi dei partiti. In questo clima di tensione competono anche alcuni presidenti padri-padroni che hanno “fidelizzato” i tifosi con atteggiamenti di violenza gratuita, come quando il presidente del Paok Salonicco entrò in campo con una pistola per protestare contro l’annullamento di un gol della propria squadra che compromise definitivamente i sogni scudetto del team.

In questo clima di violenza, il campionato è stato ripetutamente stoppato, anche con pause molto lunghe: nel 2014 per l’assassinio di un tifoso dopo degli scontri durante una partita di terza serie, in seguito al pestaggio di un arbitro; nella stagione successiva in seguito agli incidenti scoppiati nel derby Panathinaikos – Olympiakos, il Governo Tsipras decise di sospendere a tempo indeterminato il campionato. Ancora oggi, nonostante le misure prese dai vari governi, la violenza non è affatto cessata. L’assalto del Gate 21 dell’AEK ai tifosi dell’Ajax con delle molotov, i continui raid in moto nelle sedi dei gruppi rivali, i casi, già citati in apertura di questo pezzo, e le ritorsioni di agosto su alcuni dei membri più in vista del Gate 13, con agguati sotto le abitazioni, nei posti di lavoro e sotto la sede del club, lascia presagire che difficilmente Mitsotàkis riuscirà a vincere questa battaglia. 

Per approfondire: Curve Pericolose. Antagonisti, sovversivi e antifa: quando le gradinate minacciano il potere - Il Galeone editore

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