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Oltre i confini del mare: la rinascita del calcio in Micronesia

In principio mi aspettavo di vendere un centinaio di maglie, ora abbiamo appena venduto la nostra divisa numero 800! È incredibile! Il 100% del ricavato è stato girato alle squadre e all’organizzazione del torneo. Grazie alle maglie siamo riusciti a finanziare la quasi totalità dell’evento, un risultato straordinario vista l’enorme difficoltà nel reperire fondi pubblici e privati. Questo fundraising è anche un ottimo modo di mostrare ai micronesiani quanto lo sport riesca a connetterli con il mondo intero. Ci sono persone in Brasile, Italia e Giappone che oggi indossano le divise di Pohnpei o Yap e questo è un potentissimo messaggio di inclusione e di vicinanza.

Paul Watson, ideatore della Micro Cup 2023, al The Mirror

L’ ultima volta che la Micronesia ha avuto una nazionale di calcio le cose non sono andate benissimo. Era il 2015 e la locale federazione calcistica da tempo cercava una strada concreta per affiliarsi a una tra l’AFC ( Asian Football Confederation) e l’OFC (Oceania Football Confederation). I confronti con le due confederazioni andavano a rilento e il sogno di poter un giorno affiliarsi alla FIFA e giocarsi le qualificazioni alla Coppa del Mondo di calcio andava via via esaurendosi. C’era bisogno di un segnale forte che potesse in qualche modo animare sia le istituzioni micronesiane – restie a sostenere economicamente e politicamente uno sport poco conosciuto e praticato – sia i portatori d’interesse regionali e mondiali. Fu così che la Federazione calcistica degli Stati Federati di Micronesia (FSM) decise, non senza sacrifici, di inviare una rappresentativa calcistica ai Pacific Games in programma nelle isole di Papua Nuova Guinea. L’ esperienza fu sportivamente catastrofica: sconfitta 30-0 all’esordio contro Tahiti, la nazionale biancazzurra subì un 38-0 contro le Fiji e un 46-0 nell’ultima giornata contro le Vanuatu, stabilendo così il triste primato di zero gol fatti e ben 114 subiti. Da quel momento in poi, nessuno a livello federale si permise nuovamente di parlare di calcio e l’attività calcistica proseguì soltanto all’interno delle isole più dotate in termini di popolazione e infrastruttura.

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Gli Stati Federali di Micronesia sono una nazione oceanica nata nel 1986 dalla libera associazione delle quattro isole-stato Yap, Chuuk, Pohnpei e Kosrae. Poco più di centomila persone abitano le oltre seicento isole che compongono il vecchio arcipelago delle Caroline, il quale si divide a livello politico e amministrativo lungo le frontiere culturali e linguistiche che determinano i quattro stati federati. Di tutti gli Stati, solo Kosrae gode di un’ uniformità etnico-linguistica. L’ isola di Yap è composta da un’isola principale – la cui lingua differisce notevolmente dalle altre presenti nella regione – e i suoi atolli che invece condividono la stessa cultura (ma non la lingua) con il vicino stato di Chuuk, il più popoloso della Micronesia. Infine c’è Pohnpei, l’isola che fa da culla e punto di riferimento della Patria con la sua capitale Palkir, nonché da collante culturale e linguistico tra Micronesia e Polinesia. L’ oceano Pacifico tiene lontano la Micronesia da tutti i suoi vicini e allo stesso tempo rende complessa ogni relazione tra i quattro Stati federati i cui punti più lontani distano tra loro circa 2000 km. Tutto ciò impatta sulla vita e la quotidianità di un Paese che vive di pesca e agricoltura di sussistenza (taro, cocco, banane, manioca e patate dolci) ed è costretto a importare tutto il resto (riso, carne, verdure, carburante, elettricità, gas, macchine etc) da Taiwan, Guam, Singapore e Thailandia. Il massiccio quanto necessario regime di importazioni ha nel tempo ridefinito  – se non stravolto – le abitudini alimentari, gli usi e costumi della società micronesiana.

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Nonostante la Micronesia sia a oggi uno stato sovrano e membro dell’ONU, essa ha deciso di mantenere un legame politico ed economico con gli USA, il Paese che ha governato il territorio dalla fine della Seconda guerra mondiale al 1986. Tale legame è disciplinato dal Compact of Free Association, un patto di libera associazione che regola i rapporti tra i due Stati. Secondo i termini dell’accordo, gli Stati Uniti provvedono alla difesa delle isole e all’assistenza economica diretta sotto forma di pacchetti destinati all’infrastruttura, all’educazione e ai servizi. Gli accordi prevedono, inoltre, che i cittadini della Micronesia possano vivere, lavorare e studiare negli Stati Uniti senza alcuna restrizione. Al governo micronesiano – espressione dei quattro governi statali i cui governanti sono eletti direttamente dal popolo senza la mediazione dei partiti politici – viene concessa piena facoltà di modificare in qualunque momento i rapporti con gli USA, a patto che ciò avvenga per plebiscito. La dipendenza economica che questa periferia oceanica ha nei confronti del lontano Nord America limita fortemente ogni iniziativa progettuale che non è prioritaria o strettamente connessa le azioni di sviluppo governative. 

Sebbene lo sport ricopra un ruolo fondamentale in seno alla società micronesiana, esso deve fare i conti con la carenza di risorse e di infrastrutture, nonché alle difficoltà di tipo logistico e ambientale. Si prediligono sport al coperto e a Km zero che possano accogliere e intrattenere nelle strutture scolastiche e comunali già esistenti tutti i membri della comunità, in ogni momento dell’anno, stagione delle piogge inclusa. Il calcio micronesiano conserva la sua dimensione di strada: destrutturata, amatoriale e spontanea. Ogni Stato organizza tornei e campionati di calcio e futsal per ambo i sessi, ma l’attività è circoscritta alle sole isole facilmente raggiungibili via mare. L’ ipotesi di un campionato nazionale è ad oggi remota poiché necessita di squadre dotate di fondi utili a far fronte alle costosissime spese di trasporto aereo (unico mezzo che può collegare i quattro Stati della Micronesia) che arrivano fino a 1000 dollari a persona per un biglietto andata e ritorno. Eppure, tra tutti gli sport praticati in Micronesia, il calcio è quello che più darebbe visibilità, connessioni con il mondo e fondi (pubblici, privati e quelli in arrivo da FIFA e confederazioni regionali qualora si ottenesse l’affiliazione) utili a creare ricadute positive in ambito sportivo, educativo e di welfare comunitario. 

Di tutto questo, la FSM FA, la federazione calcistica micronesiana, è al corrente ed è pronta a sostenere ogni iniziativa possibile ad attivare quel meccanismo virtuoso che possa un domani permettere alla terra oltre i confini del mare di confrontarsi con il mondo. Così, mentre il governo centrale fatica ad emergere dall’impasse economica e gestionale, la FSM si è affidata al britannico Paul C. Watson, colui che già in passato aveva conosciuto le isole allenando tra il 2009 e il 2010 Pohnpei e la nazionale micronesiana.

Oltre a essere un allenatore, Watson è da anni attivo nel lancio di accademie, club e progetti di inclusione mediante azioni CSR aziendale, bandi pubblici e campagne di crowdfunding. Per rilanciare il calcio in Micronesia Watson ha proposto alla federazione e agli ufficiali presenti nei quattro Stati di organizzare la Micro Cup 2023, un torneo di futsal interstatale volto a connettere le isole e creare attenzione nei media di tutto il mondo. Il futsal come miglior ricetta per far fronte all’assenza di soldi e all’impossibilità di fare viaggiare molti giocatori verso la palestra del ginnasio pubblico di Kolonia, la cittadina di Pohnpei sede del torneo. 

Per rendere il tutto economicamente sostenibile, Watson ha lanciato su Twitter e altre piattaforme social una campagna di supporto al progetto mediante l’acquisto delle divise ufficiali delle quattro squadre prodotte da Stingz, brand anglosassone che da anni sostiene le selezioni extra-FIFA. Grazie alla vendita del materiale tecnico, Kosrae è riuscita a inviare quattro giocatori (gli altri due in rosa erano residenti a Pohnpei), Chuuk ne ha inviati otto e Yap sei. 

Il torneo, strutturato su un girone all’italiana e una fase a eliminazione diretta con semifinali e finali, si è svolto dall’ 8 al 14 luglio 2023 ed è stato vinto da Yap che ha superato in 9-7 la favorita Kosrae. Niente da fare per i padroni di casa di Pohnpei che, malgrado il maggior numero di giocatori, è incappato in pesanti sconfitte contro Yap (6-1; 10-5) e Kosrae (10-7). Il torneo, la vendita delle maglie e il tam tam di notizie che dalla rete sono state riprese dai media di Australia e Regno Unito, ha fatto rinascere la voglia di calcio in Micronesia e rianimato una federazione che da tempo aspettava una scintilla per ricominciare a giocare. Per ritornare a sognare il Mondiale.

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