berlusconi milan

Silvio Berlusconi, l’inventore del calcio moderno

È il 18 luglio 1986 quando in un San Siro stracolmo di tifosi in braghette corte, all’improvviso dal cielo spuntano tre elicotteri. La cavalcata delle Valkirie, celebre sinfonia di Richard Wagner, accoglie i tre aerogi presto si posano sull’erba innocente dello stadio milanese. Gli italiani guidano l’Arna, ascoltano Andreotti e Gianni Agnelli; gli operai della Fiat portano borselli e camicie quadrettoni di bassa qualità mentre ascoltano le partite alla radiolina la domenica passeggiando con le mogli. Tutti hanno un santo sul cruscotto, alcuni sono comunisti, altri democristiani. Eros Ramazzotti ha appena vinto Sanremo con Adesso tu. Appena i tre elicotteri solcano San Siro tutti sanno che la storia sta per essere riscritta. Finché non esce lui da un elicottero, colui che la storia la farà. Sorriso, capelli ordinati, completo perfetto di gusto un po’ casual, sul prato verde mette il suo mocassino il dottor Silvio Berlusconi, cinquant’anni, sposato, incensurato. 

Quello che sta accadendo quel giorno di metà estate non è la semplice presentazione della nuova dirigenza dell’Associazione Calcio Milan: è il lancio pubblicitario di un nuovo brand che si chiama Silvio Berlusconi.

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Quel giorno è rimasto impresso negli occhi dei telecronisti, dei tifosi, ma anche di politici e imprenditori che giudicavano Silvio Berlusconi un parvenu, un immobiliarista arricchito e sbruffone. Quel giorno Berlusconi con anticipo di vent’anni ha portato in Italia lo spirito dello show americano.

Da quel lontano 1986 Silvio Berlusconi creerà una vera e propria mitologia intorno al Milan, una narrazione o uno storytelling, come si direbbe oggi, accendendo un faro su Milano, sull’Italia, ma soprattutto su se stesso. Silvio Berlusconi sarà il primo presidente di una squadra di calcio a diventare in seguito Presidente del Consiglio di una Paese europeo. Ma la novità portata dal giovane immobiliarista milanese è ancora tutta da spiegare, per comprenderla bisogna fare un passo indietro. 

Divertente o beffardo, scegliete pure la vostra definizione, il destino. Silvio Berlusconi (pare) avrebbe voluto l’Inter, ma nel momento in cui avrebbe potuto fare un’offerta si aprì un crepa nella dirigenza milanista. Crepa in cui Berlusconi si seppe infilare con grandissima scelta di tempo. 

Nonostante il blasone conquistato con personaggi di spessore, quali l’allenatore Enea Rocco, Cesare Maldini (primo capitano di una squadra italiana a sollevare la Coppa Campioni nel 1963), il figlio del popolo Gianni Rivera, gli anni Ottanta si aprirono con la retrocessione in Serie B e la radiazione del presidente rossonero Felice Colombo a causa dello scandalo del Totonero.

Il Milan era una società indebitata e a rischio fallimento, quando il 20 febbraio 1986 Silvio Berlusconi ne acquistò l’intera proprietà ripianando il deficit economico. Curioso l’incontro con Rivera che all’arrivo di Berlusconi salutò tutta la società, descrivendo l’imprenditore milanese come un dittatore che “considera tutti al suo servizio, e nessuno alla sua altezza“. Berlusconi e Rivera si rincontrarono anni dopo, per sfidarsi, il primo Segretario del partito fondato da lui stesso e il secondo candidato di punta della Democrazia Cristiana. 

Ma torniamo al 1986. Berlusconi è il nuovo volto di un calcio fatto di riflettori ed allegria, di fantasia e spregiudicatezza. Dopo una stagione di assestamento è il 1997 l’anno mirabilis di Berlusconi. Con l’arrivo di due fuoriclasse, Marco Van Basten e Ruud Gullit, la conferma di due colonne, Franco Baresi e Paolo Maldini (all’epoca non ancora ventenne), il Milan di Sacchi si trasforma in una macchina che macina vittorie e fa gioire gli appassionati di calcio per la qualità espressa. Due Coppe Campioni di fila vinte dal club rossonero (1988-89, 89-90) e la sensazione che il Milan sia la squadra più moderna e più efficace sul pianeta, nomea confermata negli anni dal titolo di squadra di club più vincente di sempre (la squadra di Sacchi n.b.) e terza squadra al mondo per numero titoli nella sua storia.

berlusconi milan

Il calcio non sarà più quello di prima, il modello Berlusconi diventerà un punto di partenza per chiunque si metterà in capo di forgiare una squadra di calcio vincente. Bernard Tapie, concorrente   sia nel calcio che nel mondo dei media, dovrà accontentarsi di essere il Berlusconi francese, raggiungendo neanche un quarto dei successi del nemico d’Oltralpe. Ma non è solo stile quello di Berlusconi, c’è un preciso progetto dietro alla costruzione del Milan: bisogna innovare, stupire, sparigliare le carte. 

Insieme all’amico fidato, Adriano Galliani, studia ogni scelta per risultare la squadra più innovativa al mondo. La nomina di Sacchi non è casuale e neanche scontata. Chi avrebbe dato fiducia ad un omino pieno di sé che predicava il calcio totale? Chi avrebbe dato due lire ad un allenatore che voleva i difensori in linea pronti a scattare in avanti ai lanci degli attaccanti? Probabilmente nessuno. Ma è proprio quella scommessa che dà a Berlusconi la possibilità di entrare in pompa magna nella storia del calcio. Ricordiamo tangenzialmente che in quegli anni nel campionato italiano militavano Diego Armando Maradona  e Michel Platini, solo per citarne due giocatori, insomma non un territorio senza concorrenza. Ma proprio in quel mondo di fine anni Ottanta Berlusconi seppe scommettere e vincere il jackpot. Sarebbe troppo lungo descrivere tutti i successi ottenuti dal Milan durante la sua dirigenza; è più interessante fare un confronto con un’altra opera dell’imprenditore milanese in campo calcistico: l’acquisto del Monza

berlusconi monza

Studiato come un caso di eccellenza dirigenziale, quello del Monza altro non è che l’ultimo sberleffo di un gaudente seduttore al sistema di potere. Fuori dai giochi dopo la cessione del Milan ad un fondo americano, Berlusconi ormai ottantenne decide di fare insieme al suo fidato amico Adriano Galliani un ultimo gesto si spregiudicatezza: portare il Monza in Serie A. Così dalla stagione 2018-2019 al 2022 il Monza passa dalla serie C alla massima divisione, piazzandosi anche a metà campionato nel Giugno 2023.

Viene in mente Amici miei: la supercazzola antani combinata a mezza Serie A è il canto del cigno, l’ultimo bis di una vita in bilico tra eccesso e intelligenza strategica. In questo articolo parliamo di calcio, solo di calcio, ma sarebbe miope non affrontare il tema della discesa in politica di Berlusconi, ancora di più di come questa discesa sia stata favorita dai successi calcistici. Come già detto nessun Presidente europeo è mai passato dal calcio alla politica, in questo ci sono almeno due elementi da sottolineare. Il primo è che il Milan non fu una boutade: fu un progetto di immagine e stile che costruì per anni attorno a Berlusconi l’aurea di vincente, di vincente contro i poteri forti, di chi c’è la fa dal basso. Un imprinting per cui tifosi di calcio e di politica ancora oggi venerano Silvio Berlusconi. La seconda ragione fu proprio l’atteggiamento di trasparenza (riferito ai suoi obiettivi) che seppe trasmettere. Non si nascose dietro dichiarazione di circostanze: mi votate? Vi porto Kakà! 

La lista degli acquisti (o delle cessioni) in concomitanza delle scadenze elettorali è lunghissima, quello che conta è che per il Berlusconi politico il Milan fu costantemente un bacino di voti e consensi che gli assicurarono una longevità parlamentare davvero ragguardevole. Rimane una sua immagine in questa giornata di cordoglio per i famigliari e per tutti coloro che erano vicini al Signor Milan: quella di lui ancora cinquantenne tra Gullit e Van Basten che sorride e sembra aprire una porta: quella del calcio moderno. 

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