Franz Beckenbauer

Franz Beckenbauer, l’ultimo Cesare

Visitando il museo del Calcio Tedesco, che si erge di fronte alla stazione centrale di Dortmund, si arriva, dopo una lungo percorso in cui sono elencati una serie di artefatti che abbracciano la storia del calcio sia pre- che post-riunificazione, al Beckenbauer Corner. I ricordi che celebrano la carriera di Franz Beckenbauer, che si estende per oltre quattro decenni, all’epoca della nostra visita erano raccolti e messi in un certo limbo museale. Il destino della collezione sarebbe stato deciso dopo che il Comitato Etico della FIFA avesse concluso la sua indagine sulla sospetta corruzione riguardo all’assegnazione della Coppa del Mondo del 2006 alla Germania. All’inizio del 2021, l’indagine è finita in prescrizione, ma quell’angolo del museo è un perfetto riassunto del ricco e per certi versi complesso lascito di Beckenbauer.

Der Kaiser è sempre stato un leader e un pioniere, la cui storia può essere sintetizzata con una serie di imprevedibili e decisivi momenti, che danno l’idea del Beckenbauer uomo, prima ancora che atleta, che sapeva sempre cosa fare. Il primo momento decisivo è generalmente riconosciuto nell’episodio dello schiaffo del 1958. Il dodicenne Beckenbauer stava giocando in un torneo giovanile a Neubiberg, un villaggio nei sobborghi sud-orientali di Monaco; era cresciuto tifando per il Monaco 1860, a quell’epoca la squadra più importante del capoluogo bavarese, ma secondo la leggenda decise di unirsi al Bayern dopo essere stato schiaffeggiato dal giocatore dell’1860, Gerhard König. Sull’altra riva dell’Isar da lì a pochi anni il neo presidente Wilhelm Neudecker allestì una squadra che segnò l’inizio del primo vero ciclo vincente del club. Se i gol di Gerd Müller facevano gli articoli di giornale, la mano silente di Beckenbauer era ciò che incantava gli appassionati. Divenne uno di quei rari giocatori il cui nome era sinonimo di un ruolo e, nel suo caso, incarnava anche una certa idea di eleganza.

Alcuni in Germania sostenevano che la personalità e l’influenza di Beckenbauer fossero addirittura superiori alle sue abilità tecniche; difficile stabilirlo. Di certo, la combinazione del suo carattere con il suo talento era qualcosa di molto raro. Un’alchimia che lo portò a diventare la rivelazione del mondiale del 1970, consegnando alla storia una delle immagini più celebri del calcio: un giocatore con un braccio al collo allo Stadio Azteca, nella semifinale della Coppa del Mondo, contro l’Italia, nella partita del secolo; simbolo di una stoica volontà di vittoria. Quattro anni dopo nella finale di Monaco superò l’unico giocatore europeo del suo periodo che considerava superiore, Johan Cruyff.

Franz Beckenbauer era un giocatore universale, nel senso che la sua fama travalicava l’Europa e la sfera puramente sportiva. Aveva già una rilevanza culturale quando, subito dopo la vittoria del Bayern nella Coppa dei Campioni nel 1976 a Glasgow, posò in una foto con Mick Jagger. Ma fu immergendosi a New York, nel suo trasferimento nei Cosmos, che Der Kaiser divenne veramente un uomo del mondo. Insieme a Pelé e Giorgio Chinaglia, i Cosmos erano “la boy band definitiva“, nelle parole di Tim Juergens di 11 Freunde, e Beckenbauer viveva alla grande nel suo appartamento al 21° piano di Central Park, a pochi metri dallo Studio 54. Fu il primo giocatore tedesco ad avere un manager, Robert Schwan, che era anche il direttore sportivo del Bayern. Incise dischi, recitò e prestò il volto in svariate pubblicità.

Franz Beckenbauer

Nel 1984 venne chiamato alla guida della Nazionale della Germania Ovest, reduce dalla cocente eliminazione dagli Europei in Francia. Lui, da Cesare venne, vide e vinse. Dopo aver perso una finale del 1986 in Messico contro l’Argentina di Maradona, quattro anni dopo nel 1990 si prese la rivincita a Roma. Era “un imperatore che governava con leggerezza“, come l’ha descritto Juergens. In panchina, a parte un’avventura turbolenta con l’Olympique Marsiglia di Bernard Tapie, ci tornò solo in caso di emergenza e con il suo Bayern, con cui nominalmente nel 1996 vinse una Coppa UEFA. Lasciò nuovamente il segno come presidente del Bayern, facendo parte del triumvirato con Uli Hoeness e Karl-Heinz Rummenigge che contribuì a trasformare la squadra bavarese in una delle istituzioni più prestigiose del calcio europeo. L’assegnazione del Mondiale del 2006 ha ulteriormente rafforzato la reputazione di Beckenbauer come L’Uomo Che Poteva e nonostante le controversie, non c’è dubbio sull’enorme influenza che ha avuto sul calcio tedesco, emergendo con imponenza dentro e fuori dal campo.

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